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Luoghi religiosi

Abbazia di Chiaravalle della Colomba ad Alseno

L'"infiorata" durante il Corpus Domini: spettacolo di rara bellezza

Abbazia di Chiaravalle della Colomba ad AlsenoL’Abbazia di Chiaravalle della Colomba è stata fondata l’11 aprile 1136 da San Bernardo da Chiaravalle ed è situata ad Alseno. Il complesso nacque quando Bernardo accolse le suppliche del vescovo Arduino di Piacenza e del suo popolo: era tipico dei monasteri cistercensi, infatti, insediarsi in zone disagiate, lavorando attivamente per coltivarle e bonificarle e incanalando lo sforzo di ascesi spirituale attraverso il duro lavoro. Celebre è, in tal senso, la formula ora et labora. Il primo documento che ne riporta l’esistenza ufficiale è, nel 1136, una institutionis paginam del vescovo Arduino stesso: con essa il prelato concede al monastero i primi beni terrieri, cui altri seguiranno dai marchesi Pallavicino e Cavalcabò. Tuttavia l’inizio dei lavori del corpo della Basilica è successivo al 1145 e si protrae per i duecento anni successivi. Il primo privilegio papale giunge il 7 febbraio 1137 ad opera di papa Innocenzo II. Il Monastero verrà poi accolto sotto la protezione della Sede Apostolica ad opera di papa Lucio II, con il Laterano del 12 luglio 1144. Già in questo antico documento si fa riferimento all’appellativo della colomba. La leggenda vuole che una colomba candida avesse volteggiato dinanzi agli occhi dei monaci, delineando con pagliuzze il perimetro del complesso, tuttavia è assai più probabile che l’intitolazione a Santa Maria della Colomba faccia riferimento alla discesa dello Spirito Santo nel grembo di Maria durante l’Annunciazione. Il Monastero fu spesso preda di razzie soprattutto ad opera dei vari eserciti che si contendevano il controllo del territorio. Ad esempio, diversi monaci furono uccisi nel saccheggio e conseguente incendio del 1248 ad opera di Federico II di Svevia. Un altro grave problema si verificò quando invalse l’uso della commenda. Secondo tale uso una data Abbazia o Monastero si vedeva assegnare come priore un personaggio illustre. Questi viveva lontano dal monastero stesso, raramente se ne occupava e più solitamente si limitava ad incassarne le cospicue rendite economiche. L’Abbazia di Chiaravalle della Colomba, sede famosa di attività religiose, scientifiche, letterarie e agronomiche, si vide data in commenda nel 1444. Nonostante ciò si ampliò e prosperò nei secoli a venire, sino all’epoca napoleonica, quando due decreti, del 1805 e 1810, ne confiscarono i beni e la soppressero come istituzione. I religiosi, come accadde in molti altri istituti, vennero allontanati. Proprietà quali l’archivio, la biblioteca e gli arredi andarono persi, mentre i mille ettari di terreno e i fabbricati divennero proprietà degli Ospedali Civili di Piacenza. Sino al 1937 rimase soltanto un abate-parroco del clero secolare; il complesso architettonico, disgraziatamente, fu vittima di incuria e abbandono. Tuttavia nel 1937 l’ultimo abate-parroco, don Guglielmo Bertuzzi, convinse il vescovo di Piacenza a richiamare i monaci, che vennero dall’Abbazia di Casamari. Questi assunsero la cura della parrocchia e del complesso stesso, che ha avuto diversi restauri negli anni e di altri ancora necessita. Oggi è sede di ritiri spirituali, convegni di studio e meta di visitatori che cercano i prodotti tipici dei monaci: liquori, tisane, medicinali fitoterapici, profumi, mieli pregiati. La ricorrenza liturgica oggi più nota è il Corpus Domini, che si svolge in giugno. Durante la festa ha luogo la celebre “infiorata”: un grande tappeto di petali che parte dall’ingresso della chiesa al presbiterio della Basilica e che raffigura motivi sacri, spesso eucaristici. Il complesso presenta il classico schema benedettino, con elementi ortogonali che consentivano successivi ampliamenti. La decorazione è essenziale: san Bernardo disapprovava quanto chiamò la ridicula monstruositas del bestiario medioevale, ed impose interni senza decorazioni superflue.

Basilica di Santa Maria delle Grazie a Cortemaggiore

Uno scrigno di straordinaria bellezza

Basilica di Santa Maria delle Grazie a CortemaggioreLa Basilica di Santa Maria delle Grazie già Collegiata è un edificio religioso che si trova a Cortemaggiore, ed è ancora oggi una delle chiese più imponenti e storicamente importanti in ambito provinciale i cui interni sono decorati con pregiati dipinti. La Basilica, iniziata alla fine del 1480 su progetto di Gilberto Manzi, ha una pianta a croce latina a tre navate. Inoltre all’interno dell’edificio è conservato un polittico di dodici tavole di Filippo Mazzola, padre del più noto Parmigianino. Realizzato nel 1499 in occasione della consacrazione della Collegiata, fu smembrato nel 1880 nel corso di grandi lavori di restauro dell’edificio; le tavole vennero separate dalla cornice e disperse. Solo nel 2003 si è riusciti a ricostruire quasi completamente l’opera pur mancando ancora due dipinti: un San Cristoforo, attualmente conservato al Museo Nazionale di Budapest, e un Salvatore che non si è ancora riusciti a rintracciare. Uno scrigno di bellezza: così è sempre apparsa ai visitatori la Basilica di Santa Maria delle Grazie e di San Lorenzo di Cortemaggiore. Ed ora ancora di più, grazie ai numerosi restauri che hanno riportato all’antico splendore molte parti della Basilica. Più di dieci anni di interventi, di risanamenti e di recuperi di beni artistici e architettonici hanno donato infatti nuovo splendore alla “Chiesa Grande” di Cortemaggiore. La Collegiata è stata elevata al rango di Basilica il 3 maggio 2008, con una cerimonia officiata dal Cardinale Angelo Sodano.

Abbazia e Basilica di San Colombano a Bobbio

Suggestivo viaggio nel tempo tra arte, storia e religione

Abbazia di San Colombano a BobbioL’Abbazia di San Colombano è un Monastero che venne fondato nel 614 a Bobbio ed un tempo sottoposto alla sua regola monastica e all’Ordine di San Colombano (dal nome del monaco irlandese che la fondò). Attualmente la Basilica è una parrocchia del vicariato di Bobbio, Alta Val Trebbia, Aveto e Oltre Penice della diocesi di Piacenza-Bobbio. Sorge nel centro della cittadina, che si formò poco per volta attorno alla vasta area occupata dal Monastero. Essa fu per tutto il Medioevo uno dei più importanti centri monastici d’Europa facendone, fra il VII ed il XII secolo, una Montecassino dell’Italia settentrionale.

UN PO’ DI STORIA
Nel 568 il nord Italia era stato invaso dai Longobardi, guidati da Alboino. L’orda semiariana, ovunque passasse, lasciava una scia di distruzione e di crudeltà. Ma, alla lunga, il nuovo re longobardo, Agilulfo, divenne meno ostile e, gradualmente, anche non negativamente disposto nei confronti della Chiesa cattolica. La regina Teodolinda, che aveva sposato nel 590, era una fervente cattolica; quest’ultima aveva una grande influenza sul consorte, che si convertì grazie alle predicazioni di Colombano. Fin dal giorno del suo battesimo, Agilulfo mostrò grande zelo verso la conversione dei suoi sudditi e, a questo scopo, donò a San Colombano una Chiesa in rovina ed una terra devastata nota come Ebovium che, prima della conquista da parte dei Longobardi, aveva fatto parte del Patrimonio di San Pietro. Colombano lasciò il suo cuore in questo luogo appartato mentre, allo scopo di istruire i Longobardi, scelse per sé stesso e per i suoi monaci la solitudine. Da un lato di questa piccola Chiesa, che era stata dedicata a San Pietro, sorsero ben presto le mura di un’Abbazia. Questo fu il nucleo di quella che sarebbe diventata la biblioteca più famosa d’Italia che si basò sui manoscritti che Colombano aveva portato dall’Irlanda e sui trattati di cui egli stesso fu autore. Il monaco fondatore del cenobio di Bobbio morì in questo borgo, ma la sua eredità giunse in mani degne, a partire da Sant’Attala (615-627) e San Bertulfo (627-640). Entrambi furono grandi per santità ed erudizione, ed entrambi ereditarono lo spirito apostolico di Colombano. E ci fu davvero bisogno di queste figure per contrastare l’arianesimo, che divenne temibile con il re ariano Rotari (636-652). Arioaldo, l’immediato predecessore di Rotari (che divenne cattolico), prima della sua conversione, fece uccidere Bladulfo, un monaco di Bobbio, perché non lo aveva salutato in quanto ariano. Si narra che Attala riportò Bladulfo in vita e liberò Arioaldo da una possessione diabolica, il castigo per il suo crimine, e che questo duplice miracolo fece convertire Arioaldo. Nel 628, quando Bertulfo si recò in pellegrinaggio a Roma, papa Onorio I esentò Bobbio dalla giurisdizione episcopale, rendendo l’Abbazia immediatamente soggetta alla Santa Sede (nullius dioeceseos). Con il successivo abate, Bobuleno, fu introdotta la Regola Benedettina. In un primo momento la sua osservanza fu facoltativa ma, con il passare del tempo, essa superò la più austera regola che era stata in uso fino a quel momento, così Bobbio entrò a far parte della Congregazione di Monte Cassino. Nel 643, su richiesta di Rotari e della regina Gundeperga, papa Teodoro I concesse all’abate di Bobbio l’uso della mitra e degli altri simboli pontificali. Si è anche affermato che, già nel VII secolo, Bobbio avesse un vescovo chiamato Pietro Aldo, ma, secondo vari eminenti studiosi la sede di Bobbio non fu fondata prima di altri quattro secoli. Dal VII secolo in poi, in mezzo a diffuse turbolenze e ignoranza, Bobbio rimase una casa di pietà e di cultura. Grazie agli sforzi dei discepoli di Colombano, un numero sempre crescente di Longobardi fu ricevuto in seno alla Chiesa. Tuttavia, nella prima metà del VII secolo, la grande regione compresa tra Torino, Verona, Genova e Milano si trovava in una situazione di alta irreligiosità, dove riaffioravano anche fenomeni di idolatria. In realtà la situazione si protrasse fino al regno dell’usurpatore Grimoaldo (662-671), egli stesso un convertito, quando la maggior parte della popolazione si convertì al cattolicesimo. Da quel momento l’arianesimo scomparve dall’occidente. Gli storici dell’Abbazia considerano come una delle sue principali glorie la parte di rilievo che ebbe nella parte finale della lotta a questa eresia. Il nipote di Teodolinda, Ariperto I (653-661), restituì a Bobbio tutte le terre che erano appartenute al Patrimonio di San Pietro. Ariperto II (702-712), nel 707, confermò la restituzione a papa Giovanni VII. Tuttavia i Longobardi presto si reimpossessarono delle terre ma, nel 756, Astolfo (749-756) fu costretto da Pipino il Breve ad abbandonare le terre di pertinenza di Bobbio. In seguito, verso la fine del IX secolo, l’abate Agilulfo (883-896) decise di spostare l’intero complesso cenobitico più a valle, iniziando la costruzione di un nuovo monastero. Nel 1153, Federico Barbarossa confermò attraverso due diversi documenti vari diritti e beni all’Abbazia. Così accadde che agli abati, per secoli, furono riconosciuti grandi poteri temporali. La fama di Bobbio raggiunse persino l’Irlanda, dove la memoria di Colombano era ancora venerata. Il successore di Bobuleno fu Cumiano, che aveva lasciato la sua sede in Irlanda per diventare monaco a Bobbio. L’abate Gundebaldo lasciò all’Abbazia la sua preziosa biblioteca consistente in circa 70 volumi, tra i quali il famoso Antifonario di Bangor. Un catalogo del X secolo, pubblicato da Ludovico Antonio Muratori dimostrava che, in quel periodo, ogni ramo del sapere, divino ed umano, era rappresentato in questa biblioteca. Nel 1616 il cardinale Federico Borromeo recuperò, per la Biblioteca Ambrosiana di Milano, 86 volumi, tra cui il famoso “Messale di Bobbio” scritto intorno al 911, l’Antifonario di Bangor ed una parte della versione della Bibbia di Ulfila in lingua gotica. Nel 1618, 26 volumi della biblioteca dell’Abbazia furono donati a papa Paolo V per la Biblioteca Vaticana. Molti altri furono inviati a Torino dove, oltre a quelli conservati nei reali archivi, 71 si trovavano presso la Biblioteca Universitaria, fino al disastroso incendio del 26 gennaio 1904. Come gli studiosi di età più tarda dovettero molto ai manoscritti di Bobbio, così fu per quelli del X secolo. Nell’anno 1014 l’imperatore Enrico II, in occasione della sua incoronazione a Roma, ottenne da papa Benedetto VIII l’erezione di Bobbio a sede vescovile. Pietroaldo, il primo vescovo, era stato abate di Bobbio dal 999 e molti dei suoi successori vissero per lungo tempo nell’Abbazia nella quale molti di loro erano già stati monaci. Secondo l’Ughelli ed altri, nel 1133 Bobbio divenne sede suffraganea di Genova; il Savio, per la prima volta, trovò menzione di questa subordinazione in una bolla pontificia di papa Alessandro III datata 19 aprile 1161. Di tanto in tanto sorsero controversie tra il vescovo ed i monaci perciò, nel 1199, papa Innocenzo III pubblicò due bolle in cui restituiva all’Abbazia poteri spirituali e temporali ma, al contempo, autorizzava il vescovo a deporre un abate se questi non gli avesse obbedito. La comunità dei monaci dell’Ordine di San Colombano venne sciolta a Bobbio da papa Niccolò V il 30 settembre del 1448, successivamente subentrarono i monaci benedettini della Congregazione di Santa Giustina di Padova. Nel 1803 i soldati francesi tolsero ai monaci l’Abbazia e la Chiesa di San Colombano; ciò che resta dell’Abbazia è ora utilizzato come scuola comunale e la chiesa dove riposano le reliquie dei santi Colombano, Attala, Bertulfo, Cumiano ed altri è diventata una chiesa parrocchiale, servita dal clero secolare.

COMPLESSO ABBAZIALE
Il complesso abbaziale del monastero si compone di numerosi edifici: la Basilica e la piazza San Colombano, il corridoio-cavedio con l’abitazione abbaziale, il chiostro interno con il Museo della Città ed i giardini interni, il Museo dell’Abbazia nella zona dell’antico Scriptorium di Bobbio, il porticato con il giardino di Piazza Santa Fara, l’ex Chiesa delle Grazie e vari edifici diventati oggi privati o rimasti pubblici come le ex carceri ed il tribunale oggi ostello.

BASILICA DI SAN COLOMBANO
Basilica di San Colombano a BobbioCostruita tra il 1456 ed il 1522, sopra i resti della chiesa conventuale anteriore all’anno 1000, la Basilica rinascimentale presenta numerosi affreschi all’interno dei quali è stata collocata una fitta serie di citazioni dalla Sacre Scritture. Un attento esame di queste citazioni rivela come una sola sia la citazione a cui è stato volutamente attribuito il massimo rilievo sulle pareti della Basilica, tanto da rivelarsi la vera “chiave di lettura” dell’intera serie di brani biblici. Si tratta del versetto 6,63 del Vangelo secondo Giovanni, un versetto tutto volto a sottolineare il “primato dello Spirito”, che così recita: «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho detto sono spirito e vita». Questa citazione, che costituisce il “cordolo spirituale” dell’intera Basilica, invita a riconsiderare tutti i riferimenti alla carne, al sangue e al sacrificio di Cristo sotto tale particolare angolazione. Questa scelta assume inoltre sfumature particolarmente significative se letta in rapporto alla complessa situazione vissuta dalla Chiesa nel periodo in cui la Basilica fu decorata. Oltre a costituire un forte invito alla conversione e a una riforma della Chiesa ispirata dalla Spirito, è da valutare se tale scelta si ispiri anche a correnti religiose dell’epoca come il movimento dell’Evangelismo, o se sia frutto del confronto con le idee proprie della Riforma protestante, confronto caldeggiato da alcuni elementi di spicco della Congregazione cassinese. Occorre evidenziare come, proprio in base a questo versetto, lo svizzero Huldrych Zwingli arrivò in quegli stessi anni a distaccarsi dalla concezione cattolica dell’Eucaristia. Per questi motivi ben si addice a questa chiesa la definizione di “Basilica dello Spirito”. Anche gli affreschi che decorano le navate interne, le due navate minori ed il transetto, eseguiti da Bernardino Lanzani e da un suo aiutante intorno agli anni (1527)- 1530, riprendono e sviluppano con spunti originali il tema della centralità dello Spirito già evidenziato nelle scelta delle citazioni. Come già in alcuni lavori eseguiti a Pavia, il Lanzani si lascia ispirare da alcune opere di Albrecht Dürer, come sembra evidente nella suggestiva scena del “Noli me tangere” con Maria Maddalena ai piedi di Gesù risorto, affrescata nella volta centrale. Sopra il portale d’accesso e sotto il portico detto Paradiso vi sta la scritta, monito dei templari: terribilis est locus iste (questo luogo è terribile), stante ad indicare un luogo sacro, mistico e misterioso da non profanare, pena la morte. Il Coro ligneo in stile gotico è del 1488. Subito all’interno della chiesa vi è, a sinistra, la vasca battesimale del VII secolo, secondo la leggenda dono della regina Teodolinda allo stesso San Colombano e dove lui stesso celebrò il primo battesimo (un tempo era collocata nella cripta). L’abside è stranamente rettangolare ed asimmetrico ed è slegato dal resto della chiesa. Esso fu costruito negli anni 1456-1485, sostituendolo al precedente di forma ovale. Nella Cripta vi sono: la Cappella Maggiore con il mosaico pavimentario di San Colombano dell’XI secolo, la Cripta vera e propria, con il sarcofago di S. Colombano al centro, opera di Giovanni de’ Patriarchis (1480), il Sepolcro di Sant’Attala (secondo abate), e il Sepolcro di San Bertulfo (terzo abate), con le loro transenne marmoree longobarde usate come lastre tombali sopra gli antichi affreschi, la Cancellata transenna in ferro battuto del X secolo e la Cappella di San Colombano a sinistra con la statua bianca del santo in grandezza naturale ed un antico affresco della Madonna dell’Aiuto.

Santuario della Beata Vergine Madre delle Genti a Strà di Nibbiano

Messaggio di pace lungo il cammino

Santuario Beata Vergine Madre delle Genti a Strà di NibbianoSulla strada della Val Tidone, a Strà di Nibbiano, dove la pianura è ormai terminata e si innalzano le prime colline dell’Appennino, si incontra, a sinistra per chi sale, sulle sponde del torrente Tidone, il Santuario della Beata Vergine Madre delle Genti, conosciuto anche con il nome di “Regina della Val Tidone”. Progettato dall’architetto piacentino Carlo Felice Cattadori, fu eretto nel 1958, per volere dell’allora parroco don Andrea Mutti, e consacrato il 7 maggio 1961, costruito su due piani, sorge sul luogo dell’eccidio di nove civili inermi, il 30 luglio 1944, da appartenenti alle forze armate tedesche. La cripta sottostante è dedicata alle vittime civili della Seconda Guerra Mondiale della provincia di Piacenza, i cui nomi sono scolpiti su lastre di marmo, arde perennemente una fiaccola che fu accesa a Roma nelle Fosse Ardeatine. Nella parte superiore del Santuario è collocata, oggetto di culto e devozione popolare, la statua della Madonna “Madre delle Genti” che fu benedetta nel 1958 in San Pietro dal Pontefice Pio XII e solennemente incoronata nel 1962. La statua lignea, scolpita ad Ortisei dallo scultore Giuseppe Runggaldier, rappresenta la Madonna nell’atto di stendere le mani, in segno di protezione, su una famiglia inginocchiata ai suoi piedi. Il 23 aprile 1986, il papa Giovanni Paolo II benedice la statua della Madonna che sarà successivamente posta sulla sommità della torre campanaria.

Santuario di Santa Maria in Penice

Una porta verso il cielo

Santuario di Santa Maria in PeniceL’antico Santuario di Santa Maria in Penice è situato in vetta del monte Penice a 1460 metri. Si tratta di un edificio ecclesiastico non parrocchiale nel comune di Bobbio, dedicato alla Madonna e risale ad una primitiva costruzione del VII secolo, poi ampliata più volte. Posto in un punto particolarmente panoramico, dal suo piazzale si gode una ampia visuale non solo sulla Val Trebbia e la Valle Staffora, ma su tutto il territorio emiliano e pavese ed in particolari giornate sono visibili persino le Alpi innevate. La vetta del monte Penice è raggiungibile per mezzo di una strada lunga circa 4 chilometri, che sale dal passo del Penice a 1149 metri, dove passa la Strada Provinciale ex Strada Statale 461 del Passo del Penice (Bobbio-Voghera). Le fonti storiche attestano che su questa vetta la Madonna è venerata da più di 1350 anni, per una promessa fatta da san Colombano alla regina dei Longobardi Teodolinda nel VII secolo. Dai sovrani longobardi il santo missionario irlandese ne ebbe il territorio su cui fondò nel 614 l’Abbazia di San Colombano. Sembra che l’edificio venne costruito su di un tempio pagano celtico-ligure, infatti venne rinvenuto un manufatto risalente al I-II secolo, oggi conservato a Genova nel Castello di Montegalletto. Il manufatto è una statuetta bronzea alta 96 millimetri che raffigura un sacerdote offerente una divinità pagana. Nel 622 il re longobardo Adaloaldo, subentrato al padre Agilulfo, con la madre Teodolinda venuti a Bobbio a visitare la tomba di Colombano, salirono in vetta al monte Penice in preghiera, prima di scendere in città. Nell’XI secolo esiste già il Santuario nelle dimensioni attuali. La Chiesa ha l’antico titolo di Madre di Dio che diverrà in seguito “Santa Maria in Monte Penice” o più comunemente “Santa Maria”. Nel 1073 la primitiva costruzione venne rinnovata ed altri lavori di restauro risalgono al 1619. Per secoli il Santuario appartenne ai numerosi possedimenti del monastero di San Colombano, assieme alle parrocchie di San Cristoforo, Dezza e Ceci poi fino al principio del XIX secolo, quando passò alla diocesi di Bobbio divenendo il principale centro di culto mariano del territorio.
Nei primi anni del ‘900 venne costruito il portico antistante, mentre la statua del Redentore fu posta il 14 ottobre del 1900 e la nuova torre campanaria venne realizzata nel 1967. Il 12 settembre 1927 venne ultimata la strada carrozzabile di 3 chilometri che porta alla vetta dal passo del Penice. L’edificio in pietra ha subito parecchi rifacimenti. In questi ultimi anni è stato completamente ristrutturato: all’esterno si ammira il sasso a vista, all’interno la struttura è tornata ultimamente agli originali splendori. Nuovo l’altare e l’ambone. Recuperata anche la sacrestia e rifatti i locali utilizzati per il pubblico. All’interno dell’edificio si può ammirare la preziosa statua lignea della Vergine con il Bambino in grembo che risale al periodo compreso tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600. Degna di nota anche la statua di San Bartolomeo, originale del XVIII secolo. Nel 2009, per opera del rettore don Angiolino Bulla, l’interno della chiesa è stato decorato con preziose icone orientali. La festa del santuario e della Madonna del Penice si tiene nel giorno della dedicazione al Santissimo Nome di Maria, festeggiato da antica data nella seconda domenica di settembre. Vi è poi la processione notturna di Ferragosto, illuminata da fiaccole, dal passo del Penice fino in vetta a festeggiare la festa della Madonna dell’Assunta.

INFORMAZIONI UTILI

Abbazia di Chiaravalle della Colomba
Via San Bernardo
29010 Chiaravalle della Colomba (PC)

Per info e prenotazioni:
0523.940132
www.chiaravalledellacolomba.it

Basilica di Santa Maria delle Grazie
e San Lorenzo

Via G. Garibaldi, 5 – 29016 Cortemaggiore (PC)

Per info e prenotazioni:
0523.836570

Abbazia di San Colombano
Piazza San Colombano – 29022 Bobbio (PC)

Per info e prenotazioni:
0523.962815

Santuario della Beata Vergine Madre delle Genti
Via del Santuario, 10 (località Strà)
29031 Alta Valtidone
(PC)

Per info e prenotazioni:
346.8794952
www.madredellegenti.org

Santuario di Santa Maria in Monte Penice
Località Penice Vetta – 29022 Bobbio (PC)

Per info e prenotazioni:
0523.614256
www.santuariomontepenice.com